Castello di Carini
Tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 19.00
Altresì sarà aperto tutti i sabato sera ogni prima settimana del mese dalle ore 19.00 alle ore 23.00
La biglietteria chiuderà trenta minuti prima della chiusura ufficiale
Mattina: 09.30-13.30 - Ultimo ingresso ore 13.30 -
Pomeriggio: 16.00-20.00 - Ultimo ingresso ore 19.30
(Per prenotazioni: Tel. +39 091 8815666
Email: castello@comune.carini.pa.it)
Si comunica che il Castello sarà aperto tutti i sabati sera con orario continuato fino alle 23.30.
Solo per il primo sabato del mese il costo è di €1 a persona.
Si comunica alla spettabile utenza che il sabato e la domenica e il lunedi, mercoledi, giovedi e venerdi pomeriggio sarà attivo anche il seguente numero telefonico 091 8611340 per comunicazioni dirette alla biglietteria del Castello.
SI AVVISA LA GENTILE UTENZA CHE GIORNO 15 AGOSTO 2020 IL CASTELLO LA GRUA TALAMANCA RIMARRA' CHIUSO AL PUBBLICO
Costo biglietto d’ingresso : € 3.50
Riduzioni:
da 6 a 18 anni € 1,00
da 18 a 25 anni € 2,00
da 65 anni in poi € 1,00
Residenti nel Comune di Carini € 3,50
Componenti di comitive turistiche superiori alle 20 unità € 2,00
Scolari accompagnati da insegnanti € 1,00
Utilizzo sala del Castello per un giorno € 200,00
Servizi fotografici € 100,00
Utilizzo sala per matrimoni € 300,00
Biglietto serale in occasioni di manifestazioni nel centro storico € 1,00
Utilizzo terrazza prospicente lato mare per cerimonie matrimonio di rito civile € 500,00
Utilizzo terrazza prospicente lato mare per associazioni senza scopo di lucro in occasione di eventi a pagamento € 100,00
Modulistica
Istanza per nolo sala
Istanza per sala ad uso matrimonio
Istanza per servizio fotografico presso castello
Informazioni al cittadino
Dopo secolare degrado il Castello sta cominciando a rivivere e a suscitare quel fascino che lo ha reso famoso, grazie ai
restauri effettuati negli ultimi dieci anni. "Carinis dominata da una fortezza di recente costruzione": così Al-Idrisi
(1099-1166 ), scrittore arabo di scienze naturali, mediocre poeta, ma soprattutto geografo, scriveva nel suo libro, rimasto
famoso con il nome di "Kitab Rugiar" ( Il Libro di Ruggero ), terminato nel 1154, ossia nell'anno stesso in cui Ruggero II
moriva. L'edificio viene eretto tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, su una costruzione precedente sicuramente
araba, ad opera del primo feudatario normanno Rodolfo Bonello, guerriero al seguito del conte Ruggiero. Dagli scavi condotti
nel corso del recente restauro, sia nel lato est che in quello nord, sono affiorate strutture murarie di epoche precedenti a
quella normanna.
Nel 1283, sotto il regno di Costanza D'Aragona, il Castello passa alla famiglia Abate che lo detiene per circa
un secolo. Questa famiglia comincia a trasformare la struttura difensiva in ambienti quasi residenziali. Nel XIV secolo il
feudo di Carini passa alla famiglia dei Chiaramonte. E' nel 1397, che a Catania Re Martino il giovane, in cambio dei servigi
resi, concede ad Ubertino La Grua di Palermo, Maestro Razionale del Regno, per se e per i suoi eredi successori la terra di
Carini con tutti i suoi diritti e pertinenze. Due atti di notai attestano che nel Castello furono fatti restauri: uno, nel
1484, l'altro nel 1487, ad opera del maestro Masio de Jammanco, da Noto, cittadino di Palermo. Questi si obbligava col
magnifico Guglielmo Talamanca, come tutore di D. Giovanni Vincenzo La Grua, barone di Carini di "dimorare a Carini per eseguire
delle fabbriche nel Castello della stessa università ed altrove, per un anno continuo e completo, dal 2 ottobre in poi, per 11
onze, e mangiare e dormire per tutto il tempo". Per raggiungere il Castello basta percorrere il Corso Umberto I e salire i
gradini della Badia. Si hanno così, davanti, la porta e le possenti mura medievali dell' XI e XII secolo che un tempo
tracciavano l'antico borgo.
Elementi arabo/normanni sono riscontrabili anche nella seconda porta del Castello, dove l'arcata a
sesto acuto ne prolunga lo slancio. In alto, a sinistra della porta, si scorge uno scudo, probabilmente della famiglia Abbate,
mentre uno stemma dei La Grua Tocco Manriquez, che si trovava sopra la porta, è oggi (dopo il restauro), nei depositi comunali.
Entrando, una caditoia, impediva l'ingresso ai nemici. Una grande corte apre la visuale della bellissima facciata interna, un
tempo intonacata, oggi a faccia vista per mostrare gli stili delle varie epoche, per renderla omogenea al gusto rinascimentale
cui si riferiscono i portali delle finestre e del portone di ingresso del piano superiore; come anche i quattro portali del
piano terreno.
Il secondo, partendo da sinistra, ha sostituito un'apertura trecentesca a sesto acuto con sguanci. I portali
sono sormontati da stemmi raffiguranti la gru, simbolo della famiglia La Grua; altri mostrano tre zolle di terra, probabilmente
simbolo dei Chiaramonte. In quello del salone del piano superiore troviamo anche due leoni rampanti, simbolo dei Lanza.
Inoltre tre pentafoglia circondano la gru, come simbolo di fortuna. Entrando al piano terreno una stanza con volta a crociera
contiene un muro a faccia vista (prosegue nella stanza successiva ) che originariamente era un muro esterno. In questo sono
visibili delle finestre e una porta d'ingresso a sesto acuto con sguanci della vecchia struttura medievale. Un'altra stanza
priva del piano di calpestio mostra le fondamenta di strutture precedenti.
Un grande salone è diviso da due arcate a sesto
acuto con colonna centrale. Affiorate durante il restauro, erano inglobate dentro un muro divisorio cinquecentesco. Il portale
di questo muro è oggi addossato alla parete nord. Tre finestre davano luce al salone; oggi una è murata ed è visibile solo
esternamente. Nel lato est rimane da vedere: in una stanza un lavatoio in pietra di "Billiemi"; una cappella affrescata a
trompe l'oeil (XVII-XVIII sec.), una statua in marmo della "Madonna di Trapani" attribuita a G. Mancino, scultore del XVI
secolo. Dentro la cappella si ammira un bellissimo tabernacolo ligneo del primo decennio del'600, con colonnine corinzie che
scandiscono prospettivamente lo spazio. Un matroneo ligneo permetteva la vista del piano superiore.
Esternamente alla cappella,
una porticina porta al bastione, dove sono visibili i resti di un muro perimetrale. Uno scalone in pietra di Billiemi , opera
dell'architetto Matteo Carnalivari, conduce al piano superiore ( XV secolo). Lì troviamo un portale marmoreo con una scritta:
Et Nova Sint Omnia che è la continuazione di un'altra scritta che si trova su un altro portale marmoreo nel lato Sud-Ovest,
oggi crollato, Recedant Vetera. Dall' esame stilistico dei portali si evince che si tratta di scritte probabilmente del XV
secolo.Si riferiscono, a lavori di ristrutturazione che subì il castello alla fine del'400 per cancellare il suo aspetto
medioevale non più confacente all'epoca.
Il salone delle feste del piano nobiliare è un classico esempio di sala
quattrocentesca con soffitto ligneo cassettonato,camino impreziosito con lo stemma dei La Grua ed ampie finestre con sedili
addossati. Il pavimento è stato rifatto recentemente; mentre il soffitto conserva una parte originale dove è visibile una
scritta in latino "In Medio Consistit Virtus" e lo stemma dei La Grua dove troviamo un leone, simbolo dei Lanza, forse posto
successivamente. Da un portale sormontato dallo stemma dei La Grua si accede ad altri ambienti che mostrano i segni di epoche
precedenti (feritoie, arcate, ecc.). Interessanti sono le stanze affrescate (XVII e XVIII ).
In una di queste si può
ammirare un bellissimo portone settecentesco decorato che caratterizza l'alcova. La stanza antistante ha un falso-camino in
marmo rosso, mentre l'affresco della volta a botte raffigura "Penelope ed Ulisse"; alle pareti sono raffigurate vedute
archeologiche. Segue una stanza in stile pompeiano. Una piccola scaletta circolare porta alle cucine, mentre un'altra attigua
sale ai piani superiori. Dal lato ovest si accede ad una zona chiamata "Foresteria". Una stanza, in particolare, merita
attenzione perché si caratterizza per le vele e i pennacchi terminanti in pietra di Billiemi di stile gotico- catalano. Per una
scaletta si accede alla torre o maschio del castello . La torre continua con un soppalco ligneo dal quale una bifora con lo
stemma degli Abbate permette di osservare il lato sud del paese. Qui la volta è a crociera con pennacchi terminanti
anch'essi con pietra di Billiemi. Una scala, oggi non più esistente, permetteva l'uscita verso i merli del torrione. Da una
porticina caratterizzata da un'arcata a sesto acuto si esce in un piccolo terrazzino, creato recentemente, che permette di
osservare il panorama della città.
Alzando gli occhi verso la torre, si può notare, nella penultima mensola verso sud la
scultura di una mano. In passato si pensava fosse stata realizzata per ricordare l'uccisione della baronessa Laura Lanza, che
sul punto di morte lasciò sul muro la sua impronta insanguinata. Certamente si tratta di una scultura precedente all'accaduto;
è probabilmente un simbolo di fortuna legato ad una maestranza araba (la mano di Fatima ) o, come asserisce qualcuno, la firma
di un artista. Il nostro viaggio finisce qui, osservando questa mano scolpita e pensando alla vicenda che accadde in questo
castello. Manca ancora una tessera del mosaico, l'ala sud-ovest ancora crollata, affinché questa immensa struttura faccia
rivivere interamente la sua bellezza.